Nel cielo una stella splenderà!

Luigi Tenco, cantautore, poeta e musicista, simbolo di Genova, vanta origini piemontesi.
Nasce a Cassine, in provincia di Alessandria e vive una vita breve e tormentata, conclusa all’età di 28 anni
da un colpo di pistola alla tempia destra, nella stanza 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo. Era la notte tra il
26 e il 27 gennaio 1967, giornate centrali del Festival. Si era presentato in gara con la canzone Ciao
amore, ciao, un brano dedicato a coloro che emigrano verso paesi stranieri, lasciando la propria cultura, le
proprie radici, le colline e i paesaggi dell’infanzia.
Guardare ogni giorno
Se piove o c’è il sole
Per saper se domani
Si vive o si muore
E un bel giorno dire basta e andare via
Ciao amore, ciao amore
Ciao amore, ciao
In queste parole però si può scorgere anche un luttuoso presagio di morte. La canzone non viene
apprezzata dalla critica Sanremese, che non le concede di arrivare in finale. Tenco vive questo rifiuto con
estremo dolore e risentimento e, come segno di protesta, decide di togliersi la vita.
Lascia un biglietto scritto a mano: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato
inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro), ma
come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e a una commissione che
seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”
Sicuramente dietro a questo gesto estremo si nascondono motivazioni più profonde, una serie di
eventi che hanno portato l’artista all’esasperazione e al desiderio di liberarsi da ogni pretesa discografica.
Di Luigi Tenco però non merita di essere ricordata solo la tragica morte, bensì la sua carriera dal
sound eclettico. Il suo stile può essere elegante ed elaborato, ironico e provocatorio, malinconico e
introspettivo. Si muove abilmente tra armonie classiche e ritmiche jazzistiche, è ispirato dal Rock’n’Roll
americano, dalla poesia beat e dalla chanson francese, e con essa anche dall’esistenzialismo, dai poeti
maledetti come Rimbaud e Verlaine, ma anche dal decadentismo e da Cesare Pavese. Nei suoi testi
traspaiono orgoglio e fragilità, senso di colpa, riflessioni sulla diversità e sul cambiamento. Eppure non
bisogna pensare che Tenco fosse una persona cupa, triste, introversa. Gino Paoli lo descrive come ” una
persona allegra, con voglia di scherzare, di far casino, e credo che se un giovane di adesso si riconosce
ancora in lui è proprio perché era un giovane qualunque. L’unico tratto diverso dagli altri giovani era il
suo essere ribelle, come può esserlo qualsiasi ragazzo di vent’anni un po’ sveglio…un ragazzo ribelle, un
po’ matto, con la voglia di piantare beghe da tutte le parti”.
Uno spirito libero, un’anima sensibile, una figura indimenticabile della musica italiana.
Barattero Chiara